Seattle giorno 4 – EMP, Space Needle e Death Cab for Cutie

La mia giornata è iniziata con uno scoiattolo che zompettava allegramente davanti a casa ed è finita con me che piango al concerto dei Death Cab for Cutie, ma andiamo con calma.
In questa ennesima incredibile giornata di sole, con quell’aria autunnale che porta un po’ di vento (ma non come ieri) e un cielo azzurro come pochi, sono andata all’EMP Museum dove mi sono vista con il Barto e una sua amica (sì, quando non riesci a vedere una persona a Milano riesci a vederla a Seattle).

L’Experience Music Project Museum (meglio conosciuto come EMP) riunisce musica, sci-fi e cultura pop in un unico spazio creato da Frank Gehry (uno degli architetti che amo di più) e che, anche se da certe angolazioni mi ricordava quasi una medusa, devo ammettere che mi ha molto affascinato, soprattutto per l’uso dei materiali e del loro colore.

Poi c’è anche una monorotaia che gli passa in mezzo, volete mettere?

Ad ogni modo ho apprezzato molto la mostra sui Nirvana, ricca di spunti sul gruppo e sulla realtà che lo circondava, anche quella sugli indie games mi ha fatto scoprire un pezzo di mondo che non conoscevo (continuo a non essere portata per i videogiochi, ma questo è un altro discorso). Infine mi sono persa tra le chitarre e nella scultura al centro del museo che per l’appunto è composta da un numero indefinito di chitarre.

Giuro che ci ho provato a contarle tutte, ma è impossibile, fidatevi.

Visto che all’ultimo piano si possono suonare vari strumenti (chitarre, tastiere, batterie etc.) e ci sono anche degli studi con mixer e microfoni per cantare mi sono pentita di non essere più portata per fare musica (magari ci pensiamo nella prossima vita, okay?) ma di saperla solo ascoltare.

Per riprendermi dalla disperazione, sono andata a godermi la vista dallo Space Needle e non potevo chiedere di meglio. Riuscire a vedere tutta Seattle, dalle isole sull’oceano fino al Mount Rainier è qualcosa di spettacolare, anche perché grazie al vento non c’erano moltissime nuvole, cosa che ha contribuito notevolmente alla bellezza del paesaggio. Ovviamente niente selfie perché da queste parti non si è per niente brave, ma mille foto al paesaggio che già di suo era una bellezza.

Passiamo al momento da farfalle nello stomaco, ovvero il meraviglioso concerto dei Death Cab for Cutie. La doverosa premessa è che l’uomo della mia vita aka Ben Gibbard potrebbe registrare un disco di sole puzzette e io lo ascolterei ugualmente, quindi forse potrei non essere obiettiva ma penso sia stato uno dei concerti della vita.

Sarà stato il teatro magnifico, la compagnia dell’ultimo momento perché bisogna sempre comprare due biglietti che in caso sono più facili da rivendere, l’aver trovato questa compagnia in uno dei modi più da film americano possibili aka gumtree o semplicemente il fatto di essere a Seattle da sola, ma è uno di quei momenti che non mi scorderò facilmente.

Hanno giustamente iniziato con No Room in Frame e subito dopo sentire Crooked Teeth mi ha subito esaltato, The Ghosts of Beverly Drive dal vivo è ancora più pazzesca che su disco e rimane sicuramente tra le mie preferite dell’ultimo album. Non potevo non piangere tutte le mie lacrime su I Will Follow You Into The Dark, la canzone che mi strappa sempre il cuore, e ho cantato a squarciagola Doors Unlocked Open ma anche Soul Meets Body. Pensavo di non poter essere più felice di così, ma hanno suonato anche Brothers on a Hotel Bed (che non hanno fatto nell’altra data!) per poi chiudere con Transatlanticism e rendermi la donna più contenta del mondo.

Sono tornata a casa in una specie di trance, con un sorriso che sembrava più un’emiparesi e chissà quante persone avrò fatto ridere sull’autobus (a proposito, non mi abituerò MAI a non avere il bottone da schiacciare la questa corda da tirare per le fermate).

Vado a letto felice, appagata e soprattutto grata per tutto quello che questa città mi sta regalando.

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